Era mio Zio

Questo testo lo scrissi di getto il giorno della sua morte, il 15 febbraio 2019, appena avuta la notizia, postandolo su un social network. Lo ripubblico qui senza aggiunte o modifiche, perché me ne rimanga sempre traccia, e testimonianza.


Era mio zio.

Fratello di mia madre.

Ma era davvero molto di più.

Adriano Ossicini, classe 1920. Alla soglia dei 100 anni ha deciso di lasciarci anche lui.

Un patriota vero, non di quelli che oggi si riempiono la bocca di patria senza avere la più pallida idea di cosa voglia davvero dire.

Partigiano combattente, medaglia d’argento della Resistenza, Cavaliere di gran croce al merito della repubblica italiana. Titoli che significano poco.

Quel che vale davvero è che il 10 settembre del ’43, a 22 anni (un ragazzino) organizza a Porta San Paolo le truppe partigiane per la battaglia contro i nazisti, e poi combatte. Per la difesa di Roma. La nostra città, la nostra Capitale.

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Elencare le altre medaglie, quelle vere, della sua vita straordinaria non sarebbe possibile qui. Prima ancora al Fatebenefratelli, da medico, dove ora è tornato da paziente per salutare l’ultima volta proprio da lì questo strano mondo, fu fra gli inventori e attivi organizzatori dell’epidemia del “morbo di K“, falsa malattia inventata per ricoverare e mettere in salvo dalle persecuzioni molti ebrei romani.

Fondatore del Movimento dei Cattolici Comunisti (MCC, i “cattocomunisti“!, termine che il 90% delle persone che ancora oggi lo pronuncia non ha idea di cosa significhi. Termine che la prima volta fu pronunciato, in tono dispregiativo, proprio dalla polizia fascista, e chi oggi ancora lo usa a sproposito dovrebbe pensarci, ogni tanto).

Ricercato dalla Gestapo (come capo della I° Brigata cittadina della divisione DL-MCC chiamata dai nazisti proprio “Banda Ossicini“), scampato almeno un paio di volte per un pelo alle carceri e ai torturatori di via Tasso (e di conseguenza anche al massacro delle fosse Ardeatine, dove morirono molti suoi amici).

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Fra i fondatori poi della “Sinistra Cristiana“, gruppo politico che mai accettò la pretesa di egemonia ed esclusività della DC sull’elettorato (e la coscienza) dei cattolici.

Senatore e poi anche Vicepresidente del Senato fino ai primi anni 90. Medico e psichiatra, promulgatore e primo firmatario della legge che istituisce, nel 1989, l’Ordine degli psicologi. Ministro per la Famiglia e la Solidarietà sociale dal Gennaio 1995 al Maggio 1996.

Tifoso appassionato e partecipe della AS Roma, squadra che ha visto nascere e che ha seguito ininterrottamente, molte volte direttamente allo stadio, fino all’altro ieri (anche arrabbiato perché dall’ospedale non poteva vedere la partita). Ricordava ancora a memoria, perfettamente, il primo inno della Roma: “Campo Testaccio“.

Questo per il mondo, che avrebbe bisogno ancora di molte più persone come lui di quante ne abbia.

Per me invece soprattutto Zio Nano, il patriarca della sterminata famiglia che ci vede a decine fra zii, fratelli, cugini, nipoti e pronipoti. Un uomo integro e simpatico, di enorme cultura e che ricordo sempre ironico, sempre cordiale, sempre attento a qualunque cosa avesse intorno, capace di grande amore per tutti, dal primo all’ultimo dei suoi tanti fratelli e sorelle (sette) e dei suoi tantissimi nipoti e pronipoti.

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Non posso neanche definirlo una persona d’altri tempi, se non per il rigore morale e la tempra inesauribile, perché fino all’ultimo è stato perfettamente inserito e partecipe anche di questi nostri tempi, tempi che senza dubbio non lo meritavano.

Non eravamo pronti, ma non lo saremmo stati mai, anche se dopo 99 anni di una vita così, capisco che potessi anche essere stanco. Ne avevi tutto il diritto.

Ciao Zio Nano.

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E grazie di tutto, per noi che ti conoscevamo e anche per tutti quelli che non ti hanno mai conosciuto e per quelli che non lo capiscono e non lo capiranno mai, perché se in questo mondo esistono ancora persone degne di rispetto e capaci di coraggio e umanità è perché sono esistite persone come te.

 

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