Picasso, Einstein, Stephen King e Sergio Leone

Ci sono dei momenti in cui il pensiero umano segue delle linee che convergono verso le stesse conclusioni anche in campi molti diversi fra loro e spesso non comunicanti.
Ricordo sempre un esempio del professor Caroli che spiegava, in modo molto convincente, come Picasso e il Cubismo vennero fuori praticamente in contemporanea alla teoria della relatività di Einstein. E come in effetti il concetto alla base del cubismo fosse proprio la relatività dei punti di vista, e anche del tempo rispetto alla rappresentazione di un soggetto.

Ovvio che Picasso e Braque non si fossero consultati con Einstein, che peraltro stava elaborando la sua teoria in solitaria come spesso fanno gli scienziati, ma il risultato è che negli stessi anni, per discipline e strade molto diverse, dei giganti stessero arrivando a conclusioni analoghe.
Segno che, evidentemente, le correnti di pensiero di quegli anni correvano nella stessa direzione, e stimolavano pensieri simili.

Nel mio piccolo e per discipline meno clamorose, sono convinto di ritrovare questa stessa convergenza in altri due campi e in una epoca più recente, che conosco meglio per averla vissuta in prima persona (e, forse altrettanto non casualmente, anche in questo caso di tratta di temi che hanno a che fare con il tempo e la sua relatività).

Nel 1986 Stephen King pubblica IT. Un romanzo monumentale, che piaccia o meno un capitolo fondamentale della letteratura americana del novecento, totalmente originale per i temi trattati ma soprattutto per la sua struttura narrativa.

King ci parla della memoria, dei ricordi e del modo in cui la nostra mente sceglie selettivamente (in modo conscio o inconscio) di ricordare o non ricordare, e nel fare questo modella la realtà e la propria visione del mondo.

Per farlo racconta la sua storia con vertiginosi balzi in avanti e indietro di 27 anni, facendo scoprire a chi legge cosa accade ora e cosa era accaduto prima quasi contemporaneamente a quando gli stessi protagonisti lo ricordano.

Inutile dire che quel romanzo ha richiesto a King un lavoro lungo e complesso. Fu iniziato nel 1981 e finito nel 1985.

E nel 1984, quindi in contemporanea, in un altro campo artistico, il cinema, usciva nelle sale un film altrettanto fondamentale per la storia della settima arte, anch’esso frutto di una gestazione lunga e laboriosa durata anni.

È “C’era una volta in America” di Sergio Leone (di cui abbiamo già parlato qui e qui).

Un film monumentale anch’esso, un film sulla memoria, sul valore dei ricordi e su ciò che ciascuno sceglie di ricordare per costruirsi la propria visione del mondo.

Ma se la tematica è sostanzialmente la stessa, ancor più coincidente è la struttura narrativa che sceglie il regista romano per raccontarla: salti nel tempo, avanti e indietro.

Esattamente come nel romanzo di King, e, almeno per le due tempistiche principali (proprio quelle con il maggior numero di “salti” narrativi) con un intervallo assai simile, 35 anni. Insomma più o meno tre decenni in entrambi i casi.

A vederne la stessa trama in senso “filosofico”, le analogie diventano soprendenti, e non a livello estetico ma a livello concettuale, ben più profondo.

La storia del film inizia con il protagonista che torna nei luoghi della sua giovinezza, perché viene “chiamato“, non sa neanche da cosa o da chi. Poi la storia torna indietro e ci riporta alla sua adolescenza, alle storie di un gruppo di ragazzi, amici, e una sola ragazza, che affrontano per la prima volta la vita, i suoi drammi e le sue gioie. Da quel punto in poi la storia fa avanti e indietro, e i protagonisti si trovano, ognuno per la sua parte, a fare i conti con la vita e la morte, con i propri sogni e le proprie paure.

Alla fine, e in fin dei conti, i ricordi rappresentano al tempo stesso la salvezza e la dannazione di ognuno.

Quindi a me, che sono un po’ fissato con certe convergenze, viene inevitabilmente da chiedermi: cosa c’è stato nel passaggio fra gli anni 70 e gli anni 80 da indurre due geni del cinema e della letteratura, del tutto indipendentemente l’uno dall’altro (e profondamente diversi fra loro, oltretutto) ad affrontare nelle loro rispettive opere più rappresentative sostanzialmente lo stesso tema con lo stesso identico meccanismo narrativo?

Che non sia stato un caso ne sono certo, il perché devo ancora approfondirlo.

E per una volta, lascio aperta la domanda a tutti i lettori.


IT, di S. King
prima edizione originale 1986

C’era una volta in America, di S. Leone
con R. De Niro, J. Woods, E. Mc Govern – Italia/USA 1984

8 pensieri riguardo “Picasso, Einstein, Stephen King e Sergio Leone

  1. Ecco cosa ne penso. Ad un occhio attento, sono certissima che risultano evidenti coincidenze innumerevoli fra tante opere e capolavori. Il punto è: si tratta di un reciproco influenzarsi oppure del tutto casualmente l’uomo dà forma alle immagini, alle storie, alle idee, seguendo una logica o un’estetica o una tendenza tipica di una determinata epoca?
    Secondo me, ma è pura supposizione, le analogie fra It e C’era una volta in America sono riconducibili alla tendenza narrativa di un’epoca. Gli Ottanta erano l’epoca del nerdismo puro, della banda di amici, molte opere hanno narrato l’amicizia come valore assoluto. Negli Ottanta c’era una coralità di sodali, la storia emergeva dal racconto di un gruppo in modo concomitante alle diverse individualità. La giovinezza come età dell’oro, che lascia un solco di ricordi, siano essi felici o dolorosi. Sarebbe interessante andare a cercare le tante opere che tendono ad assomigliarsi un po’ tutte. Stand by me, per esempio, non a caso partorita sempre da quel geniaccio di King.

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    1. Interessante, è pur vero che i due autori in questione ci sono arrivati anche per percorsi personali lunghi e coerenti. In King la tematica dell’infanzia e adolescenza è sempre stata centrale e ha continuato ad esserlo anche dopo, così come quella dell’amicizia (come da te citato “The Body”, detto “Stand by me” dal bel film, ma molti altri racconti e romanzi, anche recentissimi come “L’istituto”), in Leone è un tema centrale da sempre, che nel corso dei film ha via via approfondito e complicato fino all’apoteosi finale: dal primo film, dove “il Monco” era un totale vendicatore solitario, già al secondo si crea un rapporto molto particolare fra lui e “Il colonnello” (e specularmente, dalla parte dei cattivi, fra l’Indio di Volontè e il Nino di Mario Brega, poi con “Il buono, il brutto e il cattivo” diventa una amicizia conflittuale, che nel continuo alternarsi di amore e odio finisce per diventare sempre più profonda, in “c’era una volta il West” ne mette in scena di svariati tipi (prima fra tutte quella fra Armonica e Cheyenne, ma anche quella fra Frank e “Mister Ciù ciù”, amicizia di comodo e basata sulla convenienza dell’uno per l’altro), per arrivare a “Giù la testa”, dove finalmente l’amicizia fra i due protagonisti è il tema centrale che sovrasta tutto, anche la rivoluzione. Infine, quindi davvero non per caso, nel suo mastodontico capolavoro torna alle radici di questo sentimento, facendolo partire dall’infanzia e dall’adolescenza (non nascondendo la sua ispirazione autobiografica di ragazzo che scorazzava per Trastevere con i suoi amici e imparava la vita sulla scalinata di Viale Glorioso). Resta la particolarità di essere arrivati alla formulazione più compiuta, e alla narrazione retrospettiva con la relatività della memoria e dei ricordi, sostanzialmente in parallelo, e di sicuro senza parlarsi. Leone aveva iniziato il suo percorso, in tal senso, da molto prima, King, con la sua spettacolare capacità di mettere a fuoco le questioni centrali e le sue intuizioni davvero geniali, e dovendo fare i conti solo con se stesso e non con produttori, sceneggiatori, produzioni mastodontiche, attori, centinaia di persone, ha centrato l’obiettivo molto più giovane e dopo solo pochi romanzi (IT è, incredibilmente, il suo 18° romanzo, che potrebbero sembrare tanti, ma in realtà scritto solo dieci anni dopo la pubblicazione del suo primo, che è Carrie, dove già c’erano tutti i temi di cui si parla, adolescenza, amicizia solidale e amicizia tradita, il branco, le violenza adolescenziale che può trasformarsi in tragedia, le violenze familiari, direi tutto). Sta di fatto che comunque entrambi, per una via o per l’altra (e ricordiamo che Sergio Leone lavorò per almeno dieci anni al suo ultimo film prima di riuscire a realizzarlo) alla fine ci arrivano praticamente in contemporanea. La trovo una gran bella storia 😉

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  2. Approdo dal blog “Io, la letteratura e Chaplin e dai Chaplin Award”. Ti faccio i miei complimenti innanzitutto per il post e poi per il blog nel suo insieme, che vorrei esplorare meglio. Lavoro con le immagini sia nella mia professione che per interesse personale, e sono particolarmente appassionata di arte.
    In effetti nella storia umana si realizzano misteriose convergenze, ebbi occasione per esempio di studiare l’invenzione della stampa a caratteri mobili e pare che in Europa fossero all’opera diversi orafi e incisori che stavano lavorando contemporaneamente a un progetto molto simile, pur senza conoscersi.

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    1. Si l’ho letto. Buon libro ma personalmente non è fra i miei preferiti. Nella mia Top List di King direi che ci sono IT, Dolores Claiborne, Christine, Misery, e poi fra i racconti “Il corpo”, “I langolieri”, “Il volatore notturno”, “I figli del grano” e parecchi altri 😉

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